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La Signora d’Introd

Il contesto storico-archeologico di Stella Vittoria Bertarione


Che il territorio dell’attuale comune di Introd fosse popolato sin dalla più remota antichità è sempre stato supposto, se non decisamente sostenuto, da diversi studiosi. A cominciare dal toponimo stesso che, con la sua desinenza in –od (esito in contrazione di un originario –ascus), rimanderebbe ad un popolamento di ceppo ligure prima, e salasso poi.

Tali considerazioni linguistiche furono quindi avvallate dal ritrovamento, avvenuto nel 1917, della necropoli eneolitica in località Champrotard,  posta attualmente in Comune di Villeneuve, ma nel luogo in cui il territorio alto di Introd trova il suo naturale sbocco nel fondovalle della Dora Baltea. In quell’ormai lontano anno Piero Barocelli scavò venticinque sepolture in tombe a cista che vennero da lui definite «neolitiche» e così descritte: «in generale costituite da quattro grossi lastroni di pietra messi a coltello e formanti una cassa approssimativamente rettangolare, chiusa da un quinto lastrone collocato a coperchio. Fondo della cassa è il suolo naturale, consistente in un esteso banco arenoso nel quale le tombe furono scavate in guisa da affiorare col lastrone di copertura alla superficie del banco stesso. La lunghezza non è mai maggiore di 1,40 m e la larghezza e la profondità si aggirano per quasi tutte attorno ai 50 cm. Tutte le tombe erano approssimativamente orientate est-ovest: il cranio sempre ad ovest e sempre poggiato sul lato sinistro. La collocazione delle ossa rappresenta in genere il corpo che giace a sinistra o colle gambe rannicchiate. Il bacino però e il torace sono spesso in posizione frontale. Varia è la posizione delle braccia». Venne altresì notata la pressoché totale assenza di corredo funerario, eccezion fatta per un frammento di ascia giadeitica ritrovato nella tomba n. 19 insieme ad un raschiatoio di quarzo e ad un punteruolo in selce; la tomba n. 25, invece, restituì un dente di cinghiale forato per essere usato come ciondolo. Stante l’estrema scarsità di materiale, soprattutto ceramico, fu grazie alla posizione dei defunti nelle tombe e alla stessa tipologia delle sepolture che Barocelli propose di attribuire questa necropoli al Neolitico Finale; ai fini della collocazione cronologica si rivelarono molto utili anche i confronti con analoghi piccoli gruppi di tombe già individuati a Saint-Nicolas (nei pressi della chiesa parrocchiale, anch’essa in posizione solitaria e rilevata assimilabile a quella occupata dalla chiesa di Introd, nel 1869 e successivamente nel 1885 furono rinvenute due tombe a cista contenenti monili ricavati da valve di Pectunculus), e a Montjovet in corrispondenza di un terrazzo naturale a monte della frazione Fiusey, scavata nel 1909 da Ernesto Schiaparelli.

Analoghe caratteristiche funerarie sono poi state riscontrate nella significativa necropoli di Vollein, in Comune di Quart, dove in seguito ad alcune prime segnalazioni riguardanti la presenza di tombe a cista affioranti nei campi,6 le indagini, avviate nel 1968 dall’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza sotto la direzione di Rosanna Mollo e Franco Mezzena, portarono in luce ben sessantasei tombe a cista di forma rettangolare realizzate secondo i canoni della stessa architettura tombale ritrovata a Villeneuve e con i defunti deposti rannicchiati sul fianco sinistro e col capo rivolto a sud/sud-ovest, dunque in maniera analoga a quanto riscontrato nelle deposizioni di Champrotard.7 Tuttavia il pesante rimaneggiamento degli strati cui la necropoli è da sempre stata sottoposta, soprattutto a causa dei continui lavori agricoli nella zona, ha notevolmente influito sulla possibilità di datarla con precisione; ad ogni modo, sulla base dell’emblematica tipologia delle tombe, si sarebbe propensi ad accogliere una datazione ad epoca eneolitica (i cui limiti cronologici sono compresi tra il 3500 a.C. e il 2300 a.C.) cui attribuire sia le sepolture tipo Glis-Chamblandes (caratteristica della Civiltà di Cortaillod, nell’alto Rodano) già note per la Tarantasia ed il Vallese svizzero, sia i materiali quali gli ornamenti di conchiglie (presenti anche a Villeneuve e Saint-Nicolas) e i frammenti ceramici, tra cui figurano esemplari scanalati e altri attribuibili alla facies culturale dei “Vasi a Bocca Quadrata”. Il passaggio tra IV e III millennio a.C., porta naturalmente a ricordare la straordinaria area megalitica ad Aosta di Saint-Martin-de-Corléans, nella quale, a partire dai momenti finali del Neolitico, viene implicata l’intera evoluzione dell’Età del Rame sino alle porte dell’Età del Bronzo. Delle molteplici peculiarità di questo importante giacimento archeologico su cui non possiamo soffermarci, in questa sede risulta di interesse segnalare la fase che vide la costruzione di poderose tombe a cista realizzate reimpiegando le più antiche stele antropomorfe già crollate oppure intenzionalmente spezzate.  Tale tipologia tombale va ad allinearsi con la stessa architettura funeraria considerata nei precedenti casi e, di conseguenza, va a precisare ulteriormente l’orizzonte cronologico di riferimento per questo genere di deposizioni.

Parrebbe dunque assodata la presenza in Valle d’Aosta di questa particolare facies culturale preistorica connotata dalle tombe a cista, alla quale va naturalmente associata una specifica dinamica insediativa che, però, purtroppo ancora non è ben nota, seppure a Vollein, oltre all’area necropolare, sia stato individuato anche l’abitato. Quest’ampia panoramica ci ha consentito di cominciare ad inquadrare quelle che possono essere state le prime fasi di popolamento della zona afferente all’attuale comune di Introd,  dove si sarebbe portati ad immaginare la presenza dell’abitato o nella conca posta immediatamente verso sud, o in corrispondenza dell’altura oggi occupata dalla chiesa parrocchiale, dal castello, dal municipio e dalle scuole.

È altresì importante ricordare che, a sud-ovest del sito indagato, ad una ventina di metri dalla cappella del Santo Sudario, fonti locali parlano del ritrovamento, nel corso del XX secolo, di cinque tombe apparentemente a cista, anche se non necessariamente del tipo Chamblandes, che potrebbero testimoniare un uso a scopo funerario del luogo in più momenti distribuiti tra il Neolitico e l’Eneolitico.

Ed è stata proprio la richiesta di procedere all’ampliamento dell’edificio scolastico da parte dell’Amministrazione comunale, situato all’interno di un areale di specifico interesse archeologico tutelato ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 (Piano Territoriale Paesistico), nonché della legge regionale 10 giugno 1983, n. 56, a rendere necessaria l’esecuzione di sondaggi archeologici preventivi così come previsto, appunto, dalle norme di tutela.

Seguendo dunque il corretto iter procedurale, l’Assessorato Istruzione e Cultura, attraverso i propri tecnici della Soprintendenza, ha richiesto apposite indagini preliminari al fine di verificare che la porzione di terreno destinata ad ospitare il nuovo ampliamento delle scuole non presentasse elementi archeologici tali da pregiudicarne, appunto, la fattibilità.

Dopo una serie di sopralluoghi e in seguito alla raccolta di tutte le informazioni storico-archeologiche relative ad acquisizioni pregresse, le operazioni di scavo prendono avvio in data 28 giugno 2011.

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